L’osteopatia come terapia manuale osservata nella sua declinazione sportiva. Particolarità, vantaggi e differenza che la caratterizzano.
La parola Osteopatia origina dal greco “ostéon” cioè osso e da phatos ovvero sofferenza. Letteralmente potrebbe essere tradotta come “la sofferenza dell’osso”. Sembra dunque difficile non accostare, a prescindere da tutto, l’osteopatia al triathlon, che per distacco su gli altri sport è l’emblema della sofferenza.
Al di là di una visione semplicistica della parola osteopatia, la sola etimologia non rende effettivamente giustizia a questa più complessa e affascinante terapia manuale. Pratica che fonda le sue radici in America tra gli ultimi anni dell’ 800 e i primi del ‘900 con Andrew Taylor Still come precursore.
Oggi capita spesso di sentirne parlare in diversi contesti sportivi. In piscina nuotando con un amico, in pista, mentre si recupera fra una ripetuta e l’altra o in gruppo durante l’uscita in bici del weekend.
Purtroppo in molti di queste situazione ci si domanda: cosa è l’osteopatia?! Cosa fa un osteopata ?! Quesiti che trovano una risposta mettendo in contrapposizione le varie terapie manuali. Spesso si fanno confrontano con fisioterapia e chiropratica elencando le sostanziali differenze tra le une e le altra.
Con questo articolo invece cercheremo di scoprire come l’osteopatia possa essere ben distinguibile per caratteristiche proprie. Ne delineremo un’identità più chiara del suo operatore e sopratutto cercheremo di capire con qualche esempio pratico come possa essere utile al triatleta di ogni livello.
Avendo già sottolineato all’inizio che l’osteopatia in se è un tipo di terapia manuale, aggiungiamo ora che il suo obiettivo principale è quello di portare il paziente verso un benessere psicofisico (e quindi non di curare il paziente). Utilizzando un’ampia gamma di tecniche che agiscono su diversi distretti: articolare (ossa), muscolare, legamentoso, viscero oragnico e persino cranio sacrale.
Per comprendere a pieno l’osteopatia partiamo dalle base e analizziamo quelli che sono i quattro principi fondamentali che la caratterizzano:
In primis l’atleta è unità costituita da corpo, mente e spirito; Per intendere questo principio immaginatevi di essere sulla linea di partenza di una gara l’uno affianco all’altro mentre il countdown del rolling start risuona, il livello di attenzione si alza, sentiamo il cuore che batte veloce, il respiro si fa più intenso, l’addome è contratto e i muscoli sono tesi pronti all’azione. Si evince facilmente come mente, corpo, spirito siano un elemento unico e come tutti assieme costituiscano un tutt’uno.
ll secondo principio è l’autoregolazione. Basti pensare a tutti i meccanismi che regolano la fisiologia del nostro vivere. Noi funzionano così: informazioni ricevute da stimoli esterni e interni a cui corrispondono di conseguenza delle risposte. Facciamo un esempio semplice come la sudorazione, meccanismo che ci permette di abbassare la temperatura corporea quando sale oltre una determinata soglia. Dunque l’osteopatia agisce rispettando la medesima logica. Non si impone un cambiamento bensì si trasferiscono informazioni attraverso diversi tecniche. Questi stimoli innescano nel paziente delle risposte. Tanto più questi stimoli sono vicini alle necessità dell’atleta più alte sono le propabilità che venga ripristinato uno stato di salute.
Il terzo principio determina la relazione fra struttura e funzione . In osteopatia si dice che “la struttura governa la funzione e allo stesso tempo che la funzione governa la struttura”. Va chiarito in primis che cosa intendiamo per l’una e cosa intendiamo per l’altra. Per struttura consideriamo l’impalcatura del nostro corpo : ossa, articolazioni, muscoli, tendini, legamenti ma anche ciò che vi è contenuto dentro, come gli organi: il fegato, i reni, il cuore, la milza e polmoni e i visceri, come lo stomaco e l’intestìno in tutte le sue porzioni. Inoltre dobbiamo considerare struttura anche gli elementi che mettono in comunicazione, quindi la fascia, i nervi ed i vasi. Per funzione invece intendiamo l’effetto pratico che produce la struttura nella sua azione specifica.
Per esempio, il movimento è la funzione del sistema muscolo scheletrico. La respirazione è la funzione dei polmoni in sinergia con il diaframma e tutte le strutture che fanno parte del sistema respiratorio. Ed ancora la digestione, è la funzione dell’aziona congiunta della bocca dello stomaco e dell’intestino, e via via così per tutto il corpo.
In che modo struttura e funzioni sono correlate? Cerchiamo di fare degli esempi pratici. Stiamo nuotando e ci colpisce un forte dolore alla spalla. La prima risposta che il copro ci manda è di rallentare. Il dolore permane a tal punto da costringerci a fermarci. In questa semplicissima situazione riconosciamo la struttura, nell’articolazione della spalla che per un problema di diversa natura crea un disagio tale da influenzare la funzione (la nuotata) fino a portare il triatleta ad interrompere l’attività.
Prendiamo una situazione diversa rispetto al nuoto ma pur sempre semplice e abbastanza comune. Vediamo come la funzione possa dominare la struttura. Ipotizziamo di svolgere un allenamento di corsa all’ora di pranzo a Giugno. Sottovalutiamo il caldo uscendo senza prender con noi né acqua né integrazione. Potrebbe capitare che a tre quarti dell’allenamento comincino ad insorgere sintomi come senso di sete, secchezza della bocca o addirittura dolori addominali. In associazione a sudorazione importante con il perdurare dello sforzo fisico probabilmente arriveremmo a soffrire di crampi addominali e capogiri che obbligherebbero la macchina corpo all’interruzione dell’attività. “La funzione governa la struttura”.
Per ultimo ma non per minori importanza, il quarto principio dove il trattamento osteopatico si basa su i principi precedenti. Questi ultimo punto è il concetto fondamentale in cui vengono racchiusi tutti i precedenti e per cui un osteopata sportiva possa ritenersi tale.
Avendo chiarito i principi osteopatici sarà più facile ora comprendere quali sono i suoi campi d’azione, quando può essere utile un osteopata ed in che modo può essere efficace per i triatleti.
Prima di addentrarci nelle possibili problematiche trattabili in osteopatia è necessario anticipare il modo di pensare di un osteopata e il come dovrebbe affrontare ogni paziente sportivo.
Chiarito il razionale sarà estremamente facile capire il campo d’azione dell’osteopatia applicata al triathlon e ricordarsi cosa un osteopata effettivamente fa.
Basilare è il concetto di catena lesionale che guida il ragionamento clinico dell’osteopata.
Ma cosa significa catena lesionale? La catena lesionale è l’insieme di tutte quelle strutture collegate fra loro, che dalla principale (generalmente considerabile l’origine del problema) a quella manifestante il sintomo, hanno perso la loro funzionalità.
Se volessimo rappresentare la catena lesionale con un immagine potremmo visualizzarla come un iceberg. Dove il sintomo è la punta, ben visibile e riconoscibile, mentre la causa è la base che rimane sotto la superficie dell’acqua.
Prendiamo i dolori alla bassa schiena come esempio pratico per spiegare la catena lesionale.
La zona lombare potremmo definirla come la spina irritativa di mantenimento del dolore, cioè la nostra punta dell’iceberg nonché il problema per cui si chiede aiuto ad un osteopata. Il piede invece è la causa principale che ha portato quel soggetto a soffrire sulla schiena, dunque la base del nostro iceberg. Tutto quello che li mette in collegamento dal basso all’alto fa parte dellacatena nostra lesionale. Muscoli, legamenti, articolazioni, la fascia, i vasi e nervi e ancora organi e visceri potrebbero farne parte. È compito dell’osteopata valutare ogni struttura, ragionare sulla funzione e creare una strategia di trattamento che miri si ad eliminar il sintomo, ma che abbia come fine primo condizionare ciò causa il problema.
Evidenziato il ragionamento con cui andrebbero affrontati tutti i casi, possiamo dire che sono tante le occasioni in cui si può richiedere un consulto osteopatico molto di più di quelle che possiate immaginare.
Andiamo per gradi e partiamo da quelli che sono i più semplici disturbi muscolo-scheletrici che affliggono costantemente i triatleti.
Se nel nuoto l’acqua un pò ci salva dal carico gravitario diminuendo lo stress, il ciclismo e la corsa sono comunque due disciplini davvero impattanti sul nostro sistema.
Generalmente le problematiche a carico della struttura vengono definite in osteopatia come disfunzione somatiche e spesso appaiono con dolori ben localizzati e ben riconoscibili dall’atleta in un punto preciso del corpo.
Tra le più comuni che possono essere trattate ci sono i dolori alla colonna vertebrale nei segmenti cervicale (cervicalgie) dorsale (dorsalgie) e lombare (lombalgie).
Tuttavia disfunzione somatica molto comuni sono quelle su articolazioni delle spalle, delle ginocchia, anche e caviglie. Altre volte ancora si può manifestare con sofferenze muscolari o legamentose.
Tuttavia abbiamo ampiamente sottolineato in precedenza come in osteopatia per struttura si intendano anche gli organi, i visceri o vasi e nervi. Questo ci porta ad affermare che il trattamento osteopatico potrà essere destinato anche a questi ultimi. In tal caso possiamo interpretare l’impatto che questo sport triplice ha sul sistema corpo sotto una luce diversa, non solo meccanico bensì anche fisiologico (funzione).
In che modo l’osteopata in tutto ciò può essere efficace sul triatleta? L’osteopata è come un direttore d’orchestra, attraverso le sue tecniche dirige e trasmette informazioni utili al corpo per stimolarlo e accompagnarlo nella ricerca dell’autoregolazione.
Diverse sono le opzioni che il terapista può scegliere di utilizzare nel trattamento. Si possono utilizzare tecniche dirette, ovvero tecniche definite ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA), oppure tecniche ad energia muscolare. Ci sono anche tecniche fasciali che mirano principalmente al tessuto connettivo o infine anche tecniche cranio sacrali. Tutte queste alternative sono come le frecce nella faretra di un arciere che nel nostro caso però, l’osteopata lsceglie e utilizza per centrare il bersaglio terapeutico.
L’efficacia dell’osteopata passa per un attenta analisi del triatleta sia come persona sia come sportivo. L’efficacia passa sicuramente da una scrupolosa valutazione con test clinici ortopedici, osteopatici e chinesiologici che determinano se il caso da trattare è di sua competenza o meno. Infine l’efficacia è strettamente legata al parametro della percezione e del sentire che sono caratteristiche intrinseche, soggettive e che rendono ogni osteopata unico.
Ragionare a compartimenti stagni, farsi attirare solo dai sintomi, a volte può portare fuori strada l’operatore facendogli ottenere risultati poco soddisfacenti. Inoltre questo atteggiamento porta ad un approccio poco chiaro e non corretto verso il paziente, disorientandolo e che nel professionista invece cerca sicurezza e onestà per recupero da una condizione di disagio.
Quando è utile andare dall’osteopata per un triatleta? Arrivati fin qua, analizzati i principi e descritto in linea generale il razionale osteopatico possiamo affermare che la valutazione e il trattamento osteopatico per un atleta di triathlon possono essere utili sempre.
L’osteopata potrebbe essere utile sia nel caso in cui fossimo vicini all’evento scatenate la sintomatologia. Oppure in situazioni in cui il sintomo invece, si protrae da tempo. Si può chiedere un consulto per problemi strutturali locali che per disfunzioni più generali coinvolgenti sistemi e apparati. Potrebbe essere molto molto utile andare dall’osteopata prima dell’inizio della stagione sportiva e avvalersi della pratica osteopatica come prevenzione. Non meno importati sono le sedute in stagione che avrebbero come fine il mantenimento dell’espressione dello stato di salute raggiunto dal triatleta.